Clausola di Put - Patto Leonino

Clausola di Put - Patto Leonino

L'argomento è di grande attualità in quanto si tratta di stabilire se una clausola di opzione Put sia valida o meno.

Si tratta di una clausola con la quale un socio, in occasione del finanziamento partecipativo, si obblighi a manlevare l'altro socio dalle eventuali conseguenze negative del conferimento effettuato in società, mediante l'attribuzione a quest'ultimo del diritto di vendita (c.d. Put), entro un determinato arco temporale, con il corrispondente obbligo di acquisto della partecipazione sociale ad un prezzo predeterminato, pari a quello dell'acquisto (magari maggiorato di interessi e del rimborso dei finanziamenti).

La Suprema Corte, con l'ordinanza del 7 ottobre 2021 n.27227, si è nuovamente espressa nel senso di ritenere valida tale clausola sulla scorta del proprio precedente (cfr. Cass., 4 luglio 2018, n.17498), ove la clausola non preveda una esclusione dalle perdite o dagli utili «assoluta e costante» secondo altro suo autorevole precedente (cfr. Cass., 29 ottobre 1994, n. 8927).

Solo in questo ultimo caso, la clausola altera «la causa societaria nei rapporti con l'ente-società, che trasla, quanto al socio interessato da quell'esonero dalla condivisione dell'esito dell'impresa collettiva, da rapporto associativo a rapporto di scambio con l'ente stesso» e non supera il vaglio dell'art. 2265 c.c..

In buona sostanza la condizione che i soci siano esclusi da «ogni partecipazione», ossia integralmente, dagli utili o dalle perdite ex art. 2265 c.c. deve avere una durata nel tempo e deve essere quantificata in modo da non ledere i diritti dell'altro socio.

In senso contrario, si è espresso recentemente il Tribunale di Milano con la sentenza del 23 luglio 2020 n.4628, con riferimento alla nullità, per violazione del divieto ex art. 2265 c.c., di una opzione Put a prezzo fisso che aveva l’effetto di escludere il socio dalle perdite della società partecipata e prevedeva il diritto di vendita di un pacchetto azionario a prezzo determinato in un arco temporale di 10 mesi, decorsi cinque anni dalla stipula del contratto medesimo.

Il Tribunale di Milano (pur con qualche precedente di segno opposto: v. Trib. Milano, 3 ottobre 2013, n.12213) si pone in netto contrasto con la Suprema Corte, sostenendo che tale clausola sarebbe, in definitiva, un patto leonino indiretto, con il paradosso che una simile clausola sarebbe illecita a livello statutario mentre perfettamente lecita se deriva da fonte negoziale. La conseguenza di tale pattuizione sarebbe quella di attribuire al socio «Leone» una posizione sostanzialmente indifferente rispetto agli esiti dell’impresa sociale e, dunque, una posizione in contrasto con la causa societatis e, appunto, con la regola ex art. 2265 c.c. che ne è diretta espressione.

In ragione di ciò, il Tribunale di Milano ha confermato il proprio orientamento (cfr. Trib. Milano, 27 marzo 2020, n.2213; Trib. Milano 30.12.2011, CDA Milano 19.2.2016) nel ritenere nulla ex art. 2265 c.c. l’opzione Put ad prezzo predeterminato, rilevando che tale facoltà «... concessa al socio prescinde dalla situazione patrimoniale in cui versa la società e lede gli equilibri interni tra i soci, provocando una grave lesione dell’interesse della società ad essere gestita mediante il contributo e l’apporto di ogni socio, nessuno escluso, ai fini del suo buon governo ...» (cfr. Corte App. Milano, 17 settembre 2014).

La redazione di una simile clausola deve, quindi, essere vagliata con prudenza, prestando particolare attenzione a dare un assetto ben bilanciamento agli interessi dei rispettivi soci coinvolti.

Ritengo, a mio modesto avviso, che le circostanze fattuali nel singolo caso concreto possano elidere la natura “leonina” dell'operazione e incidere sull'equilibrio/squilibrio della posizione del socio «Leone» rispetto alla causa sociale, non potendosi valutare la nullità della clausola solo nel suo momento genetico di stipulazione.

Resta il fatto che tali clausole sono ormai ampiamente entrate nella prassi commerciale sicché esse appaiono (con determinati limiti) meritevoli di tutela; sarebbe auspicabile che la Suprema Corte, nella funzione nomofilattica, possa al più presto fare chiarezza.

© Avv. Luca Campana | SLC – Studio Legale Campana